lunedì 7 gennaio 2008

Fior di figliuolo - ho preso in mano i cazzi - di decine di ragazzi - ma ho voluto bene ad uno sooolo!

In quest'ultimo periodo la promiscuità è stata, da queste parti, davvero frequente.
A questo proposito, vorrei ricordare quanto sia eccitante il Primo Appuntamento. "Eccitante" nella vera accezione americana del termine, come di chi non sta nella pelle eppure un po' si gode l'attesa e la preparazione ad un tale piccolo grande evento.
Capitano a volte, però, degli imprevisti: quando a bidonare non si capisce bene chi sia stato.
Solitamente gli inviti che propongono una rapida birra dopo cena e poi proseguono a sorsi di gin tonic ascoltando un leggero jazz nel locale recentemente inaugurato dove da giorni si cerca di andare non si rifiutano molto facilmente. Soprattutto se a farli è qualcuno che si è perso di vista per molto tempo e che si incontra sporadicamente a festicciole giovanili; feste che si considerano ben riuscite solamente perchè tra le foto scattate all'occasione si possono contare svariati ritratti di qualcuno che vomita copiosamente, sorretto dagli amici. Se dunque, a distanza di mesi, ci si ritrova sempre - più o meno nello stesso luogo - a salutare gridando per la musica troppo alta un viso noto ma neanche poi troppo, con cui si è condiviso qualcosa per breve e lontano tempo, tempo riguardo al quale i ricordi sfumano e si perdono per la loro prossimità ad una coscienza non proprio padrona di se stessa, se, ancora una volta, il viso appare poco chiaro per il buio soffuso e la luce intermittente, per i troppi corpi che intorno ballano credendo davvero ( e con immenso errore) di fare qualcosa di necessario e non contingente ed in balia delle mode dei gusti della sfacciataggine, se, quindi, di nuovo e con stupore mai smesso, ci si avvicina alle guance di chi pensavamo per sempre scomparso dalla nostra vita, e si esclama con nuova e sinceramente recitata meraviglia "anche tu qui!", se tutto ciò avviene nuovamente nello stesso luogo e nella stessa occorrenza, non sembra esserci altro da fare che darsi un secondo, e più ragionato appuntamento.
Messo in conto tutto ciò, ci si sente dopo una settimana, l'attesa è coltivata con calma, nutrita con una maglietta nuova e un paio di cose da raccontare, un nuovo lavoro, il cambiamento di casa, si rimanda per impegni derogabili, e ci si riavvicina per indulgenza, si definisce un giorno e si aspettano ulteriori istruzioni. Ed infine l'invito si concretizza in quel fantastico programma di musica e lascivia, alcool e passeggiate, neve e inverno, metropoli e amore.
Si cena e si aspetta una risposta. Quando questa tarda ad arrivare la preoccupazione non c'è, ma l'errare per casa tramuta gli oggetti, le coperte diventano caldo giaciglio di prigrizia e crogiuolo di fantasie riposanti, letture quà e là tra pagine già lette, finchè tra il telecomando brandito per passare il tempo trova anche lo spazio di un paio di lacrime commosse per un reportage sulla mafia che ci fanno ricordare come maggiormente ci si dovrebbe dedicare a tematiche più italiane, più nostre, più alte della medesima. E quando, le speranze sembrano ormai perse arriva il promemoria definito, ilare, entusiasta, carico di aspettativa: tra un'ora al nuovo locale, arrivo, ti aspetto, essici! Fuori è notte non proprio fonda ma neanche così temprana, manca ben più di un'ora alla mezzanotte; il posto è lontano però, non distante, ma non poi così a portata di passi, è in un vicolo stretto, quelle stradine che per una decina di metri sono gremite di gente ma che poi sfociano in stradoni di circumnavigazione cittadina, ai quali incroci sicuramente si annidano rapinatori dai denti brillanti, stupratori appiatti sui muri che si muovono come ratti pelosissimi, spacciatori ubriachi che hanno dimenticato il proprio lavoro e si trasformano in ladri e violentatori; fa freddo, questo è verissimo, fa molto freddo e secondo i programmi il doppio strato di calze non può servire da armatura contro l'impietosa stagione del gelo, dal momento che ci si aspetta di sentire sfilato, insieme ad altro, quel sottile strato di cotone che a malapena copre le caviglie. E così si rimanda, per il freddo, il timore, la pigrizia, la voglia non troppo prepotente di incontrare chi certamente avremo occasione di "ribeccare" in giro, per caso. E lo stupore è ora sincero, quando si nota che dall'altra parte una certa insistenza esiste, non si sa perchè, forse per una promiscuità momentaneamente negata dalle altrui circostanze, forse per la necessità di tappare un buco in una serata di giorni festivi, forse - e qui davvero si sbarrano gli occhi - per il semplice piacere di incontrare qualcuno che per troppo tempo ci si era dimenticati di voler vedere.