lunedì 31 marzo 2008

Lontano dalle griglie interpretative.

Un buon proposito per l’anno appena cominciato. Un buon proposito per la nuova stagione, che perfettamente si accompagna alla luce della nuova ora, del nuovo tempo luminoso e caldo. Un nuovo proposito: liberarsi dalle griglie della paranoia.
Fin da quando ha avuto inizio la maturazione psicologica e la formazione “letteraria” (se tale si può definire), siamo stati educati a leggere i segni nei segni. In ogni gesto, in ogni parola, nostra o d’altri, ci siamo impegnati per trovarvi un altro significato, un Significato Altro, Il Significato. Dopo una lunga casistica in cui le condizioni apparenti disegnavano qualcosa che era in realtà un Altro, ci eravamo convinti che l’allegoria dominasse il mondo, e gli individui. Il caso, appunto, sembrava gridare al fuoco, ogniqualvolta lampeggiava nelle nostre menti qualcosa che stimolava l’interesse, come se il qualcosa ci fosse stato gettato tra le mani con l’unico scopo di scoprirvi il vero velato, da una prima volgare menzogna. Con presunzione e insistenza sostenevamo di ricevere segnali mediocri per una verità più profonda, e con tenacia continuavamo il nostro lavoro di scavo, individuando in ogni singola frazione di vita e di spazio un universo meraviglioso, e solamente a noi dedicato. L’operazione egocentrica di leggere in ogni tratto umano ed esistente un messaggio ultimo solo a noi rivolto, ha condotto a soluzione brillanti, fantastiche, fonte di gioia; il più delle volte, però, meramente consolatorie. Ci siamo spesso convinti che ciò che era accaduto per farci male, in realtà esigeva solo un’interpretazione più accurata, rendendo la cattiva realtà semplicemente più semplice da sopportare. D’altro canto, quando una circostanza appariva imprevista, e piacevole allo stesso tempo, riusciva difficile accettarla così com’era, semplicemente bella: senza perdere tempo ci si immergeva allora in malsane elucubrazioni, in girotondi mentali, il buie riflessioni senza uscita. Fino a quando, fino a quando non si arrivava a negare l’evento, intravedendo i cupi toni della disfatta: l’apocalisse al condizionale. Il consueto fallimento sembrava a volte così raro da evitare e la felicità precaria così faticosa da possedere, che non sembrava esserci altra strada percorrere, se non quella, nascosta, della scorciatoia celata agli occhi dei più.
E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mai mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi oggi sarei impercettibilmente differente, e forse tutto il mondo sarebbe impercettibilmente differente. O sarebbe lo stesso, e io non potrei saperlo. Ma per esempio non starei qui a raccontare una storia, a proporre un rebus che non ha soluzione, o ha una soluzione che è inevitabilmente quella che ebbe e che io ignoro, e così la racconto a qualche amico, ogni tanto, raramente, bevendo un bicchiere, e dico: ti propongo un rebus, vediamo come lo risolvi. Ma poi perchè a lei interessano i rebus, ha la passione per l’enigmistica, o forse è solo la curiosità sterile di chi osserva la vita altrui?
Ci si riempie così la vita di tortuosi trabocchetti da evitare, pericolosi fossati da scavalcare, piccoli tranelli la cui soluzione diventa indispensabile per trovare il giusto senso, per possedere Il Senso. La vita diviene un enorme percorso ad ostacoli, che minuziosamente ci prepariamo: apparentemente per renderla più difficile. Realmente per renderla più difficile.

Ora si vedranno le cose, così come sono; e se qualche volte si vedranno i segnali di una realtà altra, allora la si vedrà solo tra le pagine di un libro, negli interstizi di una frase, nell’onda di una parola. Non altrove. Certamente tra le vie della letteratura, mai altrove.