lunedì 7 aprile 2008

Eppure non sento la brezza dell'impegno civile.

Ecco come la mia intenzione di fare campagna elettorale si è pietosamente convertita in una declamata e sentita ode al votante medio, al pericolosissimo votante medio. Non so quale deviata congiura mentale ha preso posto nella mia psiche, per rendermi talmente adorante verso qualcosa che assomiglia tantissimo, troppo, ad uno stereotipo consunto. Anche se non si dice di Walter (che ben lontano è dall’immagine qui sotto riprodotta), volevo sostenere una causa diversa da quella politica, eppure neanche poi così lontana. Lo slancio enfatico verso un tale - per me Nuovo - Uomo potrebbe all’apparenza suggerire una qualche pulsione sessuale, forse un desiderio represso, o magari una fantasia un poco sporcacciona; nulla di tutto ciò. Mi sono sempre tenuta alla larga dal modello muscoloso e virulento che frotte di donnicciole andavano pubblicizzando intorno a me, a partire dalle amichette più care, che sostenevano la supremazia della tipologia “carnazza”, colui che possente, e massiccio senza essere fisicamente invadente, si diceva “facesse sangue”. Ebbene, tuttora sono lontana da sentirmi attratta da un certo tipo di uomo (non zarro, non burino, ma semplicemente troppo italiano), ma riesco progressivamente a percepire il fascino sottile di ciò, di chi non m’appartiene; di ciò con cui non ho mai avuto nulla a che fare, di chi mi è sembrato sempre troppo selvatico per poter interessare i miei canoni tutto intelletto e niente corpo, verso personaggi certamente piacenti e abili, ma, come dire, troppo addomesticati da un modello cosmopolita e internazionale.
Da quando, a diciott’anni ho conquistato la mia cittadinanza italiana, non mi sono più nascosta affermando di essere straniera, ho smesso di tapparmi le orecchie al primo suono di mandolino, ho interrotto la pietosa crociata contro lo schiamazzo italiota. Anzi. Anzi, mi sono sorpresa a ballare la pizzica, ad commuovermi di fronte a scenate popolaresche, ad entusiasmarmi di fronte ad un teatrale e folcloristico “ma quanto sei bedda”; non mi sono riconosciuta, mentre invidiavo agli amici le loro origini liguri, toscane, calabresi, l’accento romano di uno e quello siciliano di un altro. Ho preso a sorridere, quando in terra straniera sentivo un lontano ma forte parlottare, certamente molesto il più delle volte, ma a tratti tenero, sì, tenero, e commovente. Ho iniziato a provare una profondissima tenerezza verso il paese in cui sono cresciuta, ma che per spocchia avevo sempre tenuto un po’ a distanza. Era l’anno delle elezioni, quelle in cui sudavo freddo, leggevo i dibattiti, mi agitavo, sbandieravo, trombette e bandierine, nacchere, coriandoli, e infine festeggiavo. Si è perso quel clima di moto, almeno in me, nonostante il cambiamento pare esserci davvero, alle porte almeno, sembra davvero che la ginnastica si stia facendo da qualche parte, ed io ci credo, nella modernità attiva ed efficace di qualcuno che guarda oltre, verso un altrove europeo e soprattutto ricco di affetto e di impegno chiaro ed onesto per il proprio paese. Si è perso in me l’impeto della polemica, forse per una prospettiva più sconsolata, più disfattista, più vecchia; non si è perso però quel senso di appartenenza ad una realtà il più delle volte troppo rumorosa e poco discreta, ma mai mediocre, mai indifferente, calda, coinvolta, partecipe, completa. Ed insieme al mio patriottismo da autodidatta e principiante, è rimasto anche quel nuovo sguardo femminile ed eterosessuale di cui qui sotto si ha una più chiara esplicazione. Così il mio degradante tentativo di dire alle folle “Wota Walter! Wota Waler! Wota Walter!” con lo slancio di Antonio De Curtis si è trasformato in una macchietta - sincera e ricca di trasporto certo, ma sempre macchietta - dell’italianuccio trallalà. Che importa: l’amo lo stesso.

Collo grosso, spalle enormi, dita della mano pesanti, gambe come colonne scure, ciglia nere lunghe, e se non sorridesse continuamente (questo lo alleggerisce: ride molto bene, gli dona, e lo sa!) direi... persino... massiccio.
Solo ultimamente mi pare che l'uomo italiano possieda il presunto fascino che l'internazionalità gli ha sempre attribuito. Quelle sopracciglia spesse ma mai troppo vicine, anzi ben delineate, spesso corrucciate in un modo un po' infantile ma carico di pensieri e leggerezze un poco preoccupate, sempre intento a ritrovare il modo in cui arrabattarsi. Le labbra carnose, scure, vere labbra, non sottili linee poco colorate, ma presenti, morbide e serrate. I denti sono dritti, fortissimi, non gialli e separati come accade a chi più sopra beve troppa birra. Il mento pronunciato, spesso un po' troppo, tondo, vistoso. Gli zigomi limati e poco sporgenti, forti come le guance scure; non appuntiti come si usa all'est, non estesi per lungo tratto come corpi estranei al viso; zigomi poco zigomi, insomma. Gli occhi. Gli occhi scuri, in cui pare non esserci nulla, in cui la profondità si percepisce dalla superficie più prima, occhi scurissimi, ma a volte anche verde, di un verde oliva amaro, colmo di ombre e picchi di luce aranciata, come al tramonto. La barba ispida, grossa, vera barba, peli sicuri che tagliano la pelle e si rizzano in piedi come inorgogliti per la troppa forza, per le troppe lame che li hanno tagliati, peli che sanno cosa significa essere emarginati. E lasciamoli crescere questi peli, queste barbe, questi baffi, queste basette!

Così almeno impone la tradizione di pettini d'avorio, e unguenti unti, profumati, spalmati su teste ordinate in fitte righe di capelli scuri, spesso, capelli neri, neri capelli neri.

Solo ultimamente dunque sembra esserci un vero uomo italiano, bello, forte, un po' ingenuo forse, ma sempre con l'ingegnosità di chi all'ultimo riesce a cavarsela meglio di chiunque altro.
Questo nuovo uomo italiano, così italiano in tutta la sua volgarità mascolina, latina, scura; questo nuovo maschio italiano pieno di coriandoli e spiritosaggini popolaresche pescate alla rinfusa dal grande calderone dell'ignoranza; un'ignoranza però benigna, tutta natura, tutta tradizione.
Pare che nel grande mercato dell'uomo, quello italiano occupi ora un posto di primaria importanza, anzi l'ha sempre avuto quel posto, gli spetta per davvero il primo ripiano dello scaffale, ma solo ora me ne rendo conto, solo ora azzecco il segnale di italianità verace e tutta da mangiare, latineggiante ma più saggia che mediterranea, più rapida e agile e vivace che meridionale; solo ora riesco a capire - e probabilmente meglio di altri - cosa sia questo uomo italiano: bello, proprio bello.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

ah diffida dell'amica prevenuta che non indugia sulla pagina scritta appena legge motto che potrebbe riferirsi ad opinioni politiche contrarie alle sue.
mai ho amato il maschio italiano, o per meglio dire mai ho amato il clichè di maschio italiano diffuso per l'universo mondo...no, io amo soltanto lui: http://it.youtube.com/watch?v=6MieK3K8m64

e tu lo sai bene...

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

good start